I furti o gli ammanchi presso le attività con vendita al pubblico sono aumentati con l’avvento della crisi economica mondiale. L’antitaccheggio, visto come attività non solo di vigilanza, ma anche di accertamento delle cause che portano al reato, è un servizio ormai necessario.
(cfr. Wikipedia)
L'antitaccheggio è un'attività specificamente volta al contrasto del taccheggio, e si fonda operativamente sull'allestimento di accorgimenti e strumenti di controllo di vario genere, compresa la vigilanza umana. Sotto quest'ultimo aspetto, in Italia la materia è regolata dall'art. 134 del TULPS e più in particolare dal decreto ministeriale n. 269 del 1º dicembre 2010.
La disposizione del TULPS (art. 134) individua gli istituti di vigilanza e di investigazioni private, mentre con il decreto min.le (269/2010) entrato in vigore il 16 marzo 2011, vengono disciplinati i requisiti per l'ottenimento delle licenze per gestire un istituto di vigilanza o per esercitare la professione di investigatore privato, nonché la specificazione dei servizi consentiti, tra cui appunto l'antitaccheggio.
L'antitaccheggio, quindi, può essere svolto, in via esclusiva, da soggetti alle dipendenze di un istituto di vigilanza o di investigazioni private, peraltro, per questi ultimi, dotati di specifica licenza
La nuova normativa definisce in maniera esaustiva l'attività di antitaccheggio. Per gli istituti di investigazioni private, si tratta di una licenza specifica, che consente l'espletamento del cosiddetto antitaccheggio investigativo, definito, più tecnicamente (art. 5, comma 1, punto aIII) come 'attività di indagine in ambito commerciale'. Si tratta, in particolare, dell'ipotesi di richiesta dal titolare dell'esercizio commerciale volta all'individuazione ed all'accertamento delle cause che determinano, anche a livello contabile, gli ammanchi e le differenze inventariali nel settore commerciale, anche mediante la raccolta di informazioni reperite direttamente presso i locali del committente.